Nel corso del 2020, molto e in molte sedi e discipline si è dibattuto circa la dottrina dello stato di eccezione: sino a quale punto il Governo e il suo “diritto” (Legalität) all’esecutività normativa, può sospendere – all’interno di ordinamenti costituzionali, parlamentari e in regime illuministico di controbilanciamento o divisione dei poteri dello Stato – alcuni diritti sanciti dalla stessa Legge fondamentale di quella nazione (dalla libertà di movimento, culto e aggregazione, alla libertà di impresa) per corrispondere a un evento a punto inconsueto e ingenerante una condizione di emergenza? Ovvero, altrimenti a domandasi, chi ha il potere (Legitimität) di sospendere il diritto ordinario e decidere sullo stato straordinario, anzitutto decidendo dello stato straordinario, del suo esserci?
Molti e in molte sedi e discipline, parlando dello stato di eccezione dischiuso dall’evento pandemico, hanno evocato la dottrina della sovranità espressa nella Teologia politica[1] di Carl Schmitt.
Analizziamo dunque, come nostra prassi e postura, direttamente il testo dell’autore, per verificare se la sua concezione della sovranità e del fondamento del potere possa in qualche modo coadiuvare la corretta interpretazione dell’orizzonte eccezionale dell’oggi o se non evochi, in verità, una relazione autoescludentesi tra norma e decisione, diritto e sovranità, per noi sì altra e lontana da sembrare paradossale.
Partiamo dalla definizione di sovranità (§1), poiché lo stato di eccezione rappresenta per Schmitt la configurazione elettiva in cui l’effettiva soggettualità decidente si concede al dimostramento preclaro, epifanico:
Nondimeno, il giurista di Plettenberg ci esorta subito a non confondere lo stato di eccezione, come e in quanto caso limite, con un qualsiasi contingente stato emergenziale.
Ovvero, sovrano non è colui il quale, d’innanzi a questa o quest’altra concreta emergenza (relativa) avoca a sé il potere decisionale, bensì è colui attraverso il cui atto de-cidente, assoluto ossia a-bissale, trova fondamento di legittimità ogni legalità conseguente a tale gesto originario, ebbene auto-ctico, cioè preso senza alcun fondamento (di legittimità) antecedente all’essere del sé. Siamo sul piano giuridico, certamente, non ontologico, e, nonpertanto, si comprende l’essenza del pensiero schmittiano sul Potere solo se si pensa quest’ultimo in termini auto-causativi, attuante epperò il sé e l’essere del sé ex nihilo sui et subiecti: qualunque realtà già in essere o, nell’orizzonte del Diritto, qualunque soggettualità giuridica già vigente, fosse anche la Legge costituzionale o fondamentale, renderebbe relativa la decisione, epperò relativo il decidente, ovvero non pienamente e autenticamente sovrano.
Nell’Orizzonte delle democrazie liberali costituzionali, infatti, per Schmitt non si danno sovrani, e ciò indipendentemente dalla forma istituzionale della nazione, repubblicana o monarchica, poiché sovrana o legittima qui è la norma o la legalità.
E, tuttavia, non alcuna norma può mai essere pienamente sovrana, nell’accezione prima descritta, proprio giacché qualunque legge, e anzitutto la stessa legge costituzionale, per quanto predittiva, sarà sempre per antecedenza genealogica impreparata a gestire l’eccezione così liminarmente intesa.
Ecco dunque come andrebbe correttamente compresa la decisione sullo stato di eccezione schmittiano: l’epifania dell’evento dimostra nulla (cioè, sul piano giuridico, inefficace, impreparata etc…) ogni norma ante esso avvenimento estremo in vigore; sulla nullificazione dell’ordinamento, si fa atto ed essere (vigenza nell’orizzonte del Diritto) la decisione che im-mediatamente attua o entifica la soggettualità sovranamente decidente, ossia decidente dall’abisso o dall’assenza di fondamento. Ovvero, altrimenti a dirsi, la decisione sullo stato di eccezione, attuata dal sovrano, attua simultaneamente lo stesso sovrano, ossia lo riconosce come tale. La decisione sullo stato di eccezione, cioè sul nulla, è dunque im-mediata auto-attuazione del decidente stesso, autoctisi a punto.
Ciò posto, è evidente che, stante il già esserci di norme, ovvero, storicamente, a far imprecisata data dalle prime forme di divieti e leggi claniche e tribali oralmente tramandatesi e consuetudinariamente, il sopraggiungere evenemenziale dello stato di eccezione deve essere de-ciso – da qualcuno – come tale. Non è mai, infatti, lo stato stesso di eccezione a essere auto-attuativo, a imporsi siffatto, bensì è la decisione su di sé, che è anzitutto decisione “ontologica”, ossia decide dell’esserci o del non essere dell’eccezione, ad auto-attuare il decidente stesso.
Lo Stato di diritto moderno, si diceva, non riconosce ad alcun soggetto piena sovranità perché non ad alcun soggetto riconosce piena legittimità, piena legittimità riconoscendo altresì esclusivamente alla legalità. Se l’azione diretta corrispondente allo stato di eccezione contingente (definiamolo 'stato di emergenza' per chiarezza esplicativa, distinguendolo dallo stato di eccezione assoluto o tout court) è ripartita fra molteplici soggettualità giuridiche, e se tale ripartizione è pre-decisa da una norma (la legge costituzionale), allora sovrana è, ulteriormente, la norma, senza nondimeno, come posto, mai poterlo pienamente essere.
Nonostante le succitate dottrine dello Stato moderno spostino il momento autoctico, dalla persona del decidente alla norma stessa (è dunque, in questa “metafisica del diritto”, la norma stessa a creare se stessa, così interrompendo il “regresso all’infinito” nella ricerca della causazione prima o fondamento del sé), la norma non può mai essere autocausativa: ogni legge, e la stessa Legge costituzionale, trova fondamento anzitutto su una decisione originaria, non mai su un’originaria norma. Il regressus in infinitum dimostrerebbe piuttosto, per Schmitt, l’impossibilità che in origine vi sia una legge (chi l’avrebbe, infatti, decisa e promulgata?): in principio pertanto è sempre la De-cisione, l’Ent-schlossenheit heideggeriana, l’Ur-teilung o partizione originaria di Hölderlin. E chi ciò compie è sovrano, pantocrate, cosmizzatore. La Decisione sovrana di Carl Schmitt è la katáneysis kephálaia di Zeus, il cenno del capo che comanda e ordina.
Pertanto, se la soggettualità deputata a decidere sullo stato di eccezione (sul suo esserci, anzitutto, ripetiamo, sul come corrispondervi, secondariamente), è definita dalla Carta costituzionale, se, ancora, da tale Norma fondamentale viene circoscritto il perimetro di liceità dell’azione corresponsiva, pur essa Legge (Legalität) poggia su una più antica Decisione (Legitimität), tutta Politica. Anzi, lo stesso deputare la decisione sull’emergenza (necessariamente post-eventum rispetto alla deliberazione) alla Costituzione, poggia su una decisione pre-normativa, in una sorta di delegazione di sovranità che il sovrano decidente (o i padri costituenti) concede (o concedono) alla norma, ovvero alla Stato di diritto.
Ma, se la legalità, in uno Stato di diritto, può decidere dell’emergenza (relativa), d’innanzi all’estremo o all’originario, ovvero, ulteriormente, dinnanzi all’eccezione assoluta, essa permane, consentaneamente alla propria essenza derivata, afasica. Legge e Decisione sovrana, Diritto e Stato, non si incontrano mai, per definizione (precisamente ciò implica l’attribuzione di liminalità all’eccezione, la mutua esclusività asintotica ovvero di Legittimità e Legalità): la decisione sovrana si manifesta solo con l’eclissarsi assoluto del fondamento normativo, mentre la norma vige pienamente solo col venir meno del potere sovrano.
È solo, dunque, se e allorquando ogni diritto recede, compresa quella legislazione che (pre-)decide dell’eccezione, che ci troviamo all’interno del caso limite, dell’evento estremo; è solo in questa vacatio o epoché dell’ordinario e dell’ordinamento che la decisione sovrana appare, nell’attimo teofanico: Keraunós.
Ora, venendo all’orizzonte dell’oggi pandemico, non dandosi mai nella Storia, lo si è accennato, situazioni estreme, ovvero posizioni assolute, se non a punto nel principio autoctico della Storia stessa, non dandosi ovvero mai il decisore autocrate assolutamente sciolto da relazione con alcuna norma, foss’anche re-lazione con quella norma o quell’insieme di norme che, preso il potere, il sovrano decisore sovverte o perfettamente (relazione di contrarietà) o parzialmente (relazione di contraddittorietà), né certamente parimenti mai dandosi alcuna norma autoattuantesi, tra i poli in astratto estremi e assoluti di Stato e Diritto, Sovrano e Norma, Legittimità e Legalità, si instaura sintesi dialettica, per cui, di volta in volta, ogni ordinamento giuridico, sintesi con-relativa od unitario-orizzonte-mediale-dei-due, risulta più o meno sbilanciato verso l’un polo e l’altro.
Posto dunque l’assoluto della sovranità nella decisione a-bissale, ovvero ad-fermata sul nulla del diritto, non rimane che stabilire, di volta in volta, quanto diritto rimane a (pre-)fondamento della decisione sovrana sull’eccezione, quanta quota d’essere ovvero la posizione della Legalità sottrae alla posizione della Legittimità, oppure, simmetricamente, in coimplicazione enantio-dromica, quanta sovranità di volta in volta il decisore emergenziale detiene presso sé per ogni stato d’eccezione fattuale o relativo, “storico”. Allo stesso modo, meno fondamento il diritto concede alla slancio “creativo” ex-nihilo del Decisore egioco, più ci troviamo al cospetto di uno stato di autentica eccezione.
Ciò dunque posto, possiamo “legittimamente” noi considerare, in conclusione, l’evento pandemico del 2020 uno stato d’eccezione nell’accezione schmittiana? Ebbene, secondo l’autore della Teologia politica, è lo stato o grado di sospensione o annullamento (da intendersi sempre, come precisato, relativo, contingente, “storico”) del diritto a quantificate, retroattivamente, lo stato o grado di eccezione, non viceversa.
Per paradosso, nulla può occorrere e, nondimeno, il nostro Presidente del Consiglio d’improvviso prende una decisione contravvenendo, nel contenuto di essa azione d’imperio autodimostrantesi perciò stesso immediatamente sovrana, a ogni ordinamento sino ad allora vigente (Costituzione compresa): ecco che ci troviamo in uno stato d’eccezione. Al contrario, carestia, epidemia e guerra civile falcidiano il nostro Stato e, nonpertanto, la legge ordinaria continua a vigere e fondare ogni decisione corresponsiva degli eventi: ecco che non ci troviamo al cospetto di quell’alma eccezione epifanica di cui parla Schmitt:
La stato di eccezione, altrimenti a dirsi, è un miracolo. Per questo il moderno Stato di diritto equivale, in teologia, al deismo meccanicistico e razionalistico. Per questo, la moderna democrazia liberal-borghese è figlia della configurazione “metafisica” prodotta dal pensiero heideggerianamente calcolante.