Ernst Jünger e Martin Heidegger discutono del Tempo in cui di ogni ente non ne è pressoché più niente: oltre la linea del Nichilismo e attorno alla zona del Nulla.
Dialogo con Max Scheler sulle ragioni e le cause dell'oscurarsi dell' Immortalità nel Tempo della Notte del Mondo:
la rimozione della morte nel bio-tipo borghese coimplica l’annichilimento della di essa ulteriorità, invece evincibile ed esperibile dall’eccedenza e nella trascendenza della datità presenti in ogni atto spirituale. Si accenna al fondamento autentico di tale immorsato oblio nostro coevo.
Goezia del Negativo e Parola poetica in Martin Heidegger: Aristotele e Humboldt immorsano umanità e parola, ma l'Uomo parla solo giacché
corrisponde al parlare originario del
Linguaggio.
Una riflessione - di Carl Schmitt - sulla storia del mondo: la decisione dell'Inghilterra elisabettiana per l'elemento equoreo determina un nuovo ordine globale, in cui Indeterminatezza e Indistintinzione colmano l'unità parmenidea del Tutto.
Riflessioni Patriottiche: Germanesimo e Capitalismo al tempo della Prima Guerra Mondiale. Kriegsideologie e Rivoluzione Conservatrice in Werner Sombart.
La riduzione a unità dello spazio globale o mondializzazione trova esatta e coerente corrispondenza nella monadizzazione di ogni fondativo ordinamento economico e sociale originariamente tripartito. Unità del Mondo e unità del Nomos dei mondi sono condotte a unità dall’evocazione del prossimo procombere dell’entelechia dell’Era Deuteriore.
L’Evento concede adito al Dire originario, solo corrispondendo al quale l’uomo è l’ente parlante. Ma l’Evento stesso ha bisogno del dire conseguente dell’umano, giacché il Dire originario non ha suono, parola, presenza, essere, e deve avere, per destino, una storia, ebbene suono, parola, presenza, essere.
Dove giace il fondamento del Potere del nostro Tempo? Quale relazione la sua essenza instaura con le categorie dell’Identità e della Differenza, dell’Essere e del Nulla? Si dà una qualche forma di coimplicazione tra la sua teleologia, la struttura endiadica dell’Originario e la corresponsione antropica che tripartisce la possibilità esistenziale dell’esserci nostro? Quale dunque l’archetipo umano immorsato nella vicenda storica di esso peculiare Potere? Si muove caccia prospezionale a entrambi.
L’assiologia assolutistica e omniavvolgente del Nomos der Erde e globalista (Panta) e monadico (En) nostro, in cui l’Umano si dà giacché ente meta-storicamente e trans-culturalmente inquadrato in un orizzonte valoriale anapodittico, ipostatizza la peggiore delle tirannidi possibili, ossia la più coerente-a-sé, in quanto non alcun ricetto ontico-posizionale è qui lasciato al non-valore ostracizzato dal Tutto-della-Valenza, non-valore determinato che pertanto deve essere – ed è – sistematicamente annichilito quale non-valore-assoluto.
Il Destino dell'Originario e il Crepuscolo degli Uomini: siamo dunque giunti nel Tempo in cui gli epigoni della Civiltà storico-aurorale raggiungono il punto escate del principio prolettico, siamo ovvero noi addivenuti Über die Linie della Storia, o non insistiamo piuttosto attorno alla sua soglia estrema, pressoché prossimi ossia – pur in una prossimità che ci si dischiude innanzi senza possibilità di partitiva determinazione ulteriore alcuna – all’asintotica entelechia della Potenza archea?
Disvelamento economico-sociale dell'inganno dell'universalismo metastorico: una delle più illaqueanti frodi il cui discorso – tanto politropo quanto monadico, tanto scaltramente ipogeo quanto (inautenticamente) omni-orizzontante – tutto d’intorno ci avvolge pressoché invitto e insvelato è rappresentata senz’altro dall’autoreferenziale e anapodittica o infondata proposizione che proietta metastoricamente l’inseità, al contrario, e di necessità o intrascendibilmente, storicamente determinata, che dà ipostasi a pressoché tutti gli epifenomeni del nostro Tempo e alle sue spire ed enadiche e aoriste. Da più parti e in molti modi assistiamo infatti costantemente a questo tentativo di “spacciare” esso attuale Zeitgeist e la sua assiologia fondativa giacché “universali”, tanto dia-cronicamente quanto dia-topicamente. L’opera di W. Sombart di seguito in analisi rappresenta invece, in ambito economico, sociologico e financo antropologico, una delle più corrusche grida la cui eco, rimontando dalle soglie dell’Antico, dell’Altro, trova ora e qui sostanza e carne nel ricordarci: “non è sempre stato così, non è da sempre così, non deve epperò così essere per sempre; destatevi: quando ciò vi propinano, vi stanno mentendo, ingannando, truffando”.
Evocando l’eidolon di A. Moeller Van den Bruck - pro e contro (Für und Wider) Spengler -, si analizza, concedendole anzitutto e conferendole apregiudiziale ricetto e adito, la 4TP di Aleksandr Dugin, con (Für) la quale e grazie alla quale il globalismo della postmodernità e l’assiologia del liberalismo capitalista e giusnaturalista della “fine della storia” di Fukuyama, daranno pienamente dispiegata ostensione del sé loro epifenomenico; contro (Wider) la quale e in alterità dalla quale, nondimeno, l’evocazione dell’antecedenza e l’escussione dell’ulteriorità rispetto a detto Orizzonte dell’Oggi su cui consentanei convergiamo, conferiranno presenza a un fondamento affatto DIA-ferente.
Esponente di rango della Konservative Revolution, l’opera di Othmar Spann, qui analizzata da Davide D'Intino, si inserisce nella ricerca primonovecentesca di un’alternativa ai due volti dell’economicismo moderno: il capitalismo liberale – decostruito dal pensatore viennese ripercorrendone diacronicamente la parabola e rintracciando, nel processo di emancipazione dell’economia dai vincoli morali-religiosi (comunemente nel Moderno classista e a-cetuale relegati a Überbau, concetto già implicitamente presente in Adam Smith ed epigoni, e solo in seguito sistematizzato in Zur Kritik der politischen Ökonomie), il trauma da cui venne innescata l’espansione inesausta dello spirito acquisitivo – e la reazione marxista, parimenti incapace portarsi-oltre questo medesimo orizzonte in cui la Struktur è posta a punto quale centro omni-gravitazionale.
Ernst Jünger e Martin Heidegger discutono del Tempo in cui di ogni ente non ne è pressoché più niente: oltre la linea del Nichilismo e attorno alla zona del Nulla.
Dialogo con Max Scheler sulle ragioni e le cause dell'oscurarsi dell' Immortalità nel Tempo della Notte del Mondo:
la rimozione della morte nel bio-tipo borghese coimplica l’annichilimento della di essa ulteriorità, invece evincibile ed esperibile dall’eccedenza e nella trascendenza della datità presenti in ogni atto spirituale. Si accenna al fondamento autentico di tale immorsato oblio nostro coevo.
Goezia del Negativo e Parola poetica in Martin Heidegger: Aristotele e Humboldt immorsano umanità e parola, ma l'Uomo parla solo giacché
corrisponde al parlare originario del
Linguaggio.
Una riflessione - di Carl Schmitt - sulla storia del mondo: la decisione dell'Inghilterra elisabettiana per l'elemento equoreo determina un nuovo ordine globale, in cui Indeterminatezza e Indistintinzione colmano l'unità parmenidea del Tutto.
Riflessioni Patriottiche: Germanesimo e Capitalismo al tempo della Prima Guerra Mondiale. Kriegsideologie e Rivoluzione Conservatrice in Werner Sombart.
La riduzione a unità dello spazio globale o mondializzazione trova esatta e coerente corrispondenza nella monadizzazione di ogni fondativo ordinamento economico e sociale originariamente tripartito. Unità del Mondo e unità del Nomos dei mondi sono condotte a unità dall’evocazione del prossimo procombere dell’entelechia dell’Era Deuteriore.
L’Evento concede adito al Dire originario, solo corrispondendo al quale l’uomo è l’ente parlante. Ma l’Evento stesso ha bisogno del dire conseguente dell’umano, giacché il Dire originario non ha suono, parola, presenza, essere, e deve avere, per destino, una storia, ebbene suono, parola, presenza, essere.
Dove giace il fondamento del Potere del nostro Tempo? Quale relazione la sua essenza instaura con le categorie dell’Identità e della Differenza, dell’Essere e del Nulla? Si dà una qualche forma di coimplicazione tra la sua teleologia, la struttura endiadica dell’Originario e la corresponsione antropica che tripartisce la possibilità esistenziale dell’esserci nostro? Quale dunque l’archetipo umano immorsato nella vicenda storica di esso peculiare Potere? Si muove caccia prospezionale a entrambi.
L’assiologia assolutistica e omniavvolgente del Nomos der Erde e globalista (Panta) e monadico (En) nostro, in cui l’Umano si dà giacché ente meta-storicamente e trans-culturalmente inquadrato in un orizzonte valoriale anapodittico, ipostatizza la peggiore delle tirannidi possibili, ossia la più coerente-a-sé, in quanto non alcun ricetto ontico-posizionale è qui lasciato al non-valore ostracizzato dal Tutto-della-Valenza, non-valore determinato che pertanto deve essere – ed è – sistematicamente annichilito quale non-valore-assoluto.
Il Destino dell'Originario e il Crepuscolo degli Uomini: siamo dunque giunti nel Tempo in cui gli epigoni della Civiltà storico-aurorale raggiungono il punto escate del principio prolettico, siamo ovvero noi addivenuti Über die Linie della Storia, o non insistiamo piuttosto attorno alla sua soglia estrema, pressoché prossimi ossia – pur in una prossimità che ci si dischiude innanzi senza possibilità di partitiva determinazione ulteriore alcuna – all’asintotica entelechia della Potenza archea?
Disvelamento economico-sociale dell'inganno dell'universalismo metastorico: una delle più illaqueanti frodi il cui discorso – tanto politropo quanto monadico, tanto scaltramente ipogeo quanto (inautenticamente) omni-orizzontante – tutto d’intorno ci avvolge pressoché invitto e insvelato è rappresentata senz’altro dall’autoreferenziale e anapodittica o infondata proposizione che proietta metastoricamente l’inseità, al contrario, e di necessità o intrascendibilmente, storicamente determinata, che dà ipostasi a pressoché tutti gli epifenomeni del nostro Tempo e alle sue spire ed enadiche e aoriste. Da più parti e in molti modi assistiamo infatti costantemente a questo tentativo di “spacciare” esso attuale Zeitgeist e la sua assiologia fondativa giacché “universali”, tanto dia-cronicamente quanto dia-topicamente. L’opera di W. Sombart di seguito in analisi rappresenta invece, in ambito economico, sociologico e financo antropologico, una delle più corrusche grida la cui eco, rimontando dalle soglie dell’Antico, dell’Altro, trova ora e qui sostanza e carne nel ricordarci: “non è sempre stato così, non è da sempre così, non deve epperò così essere per sempre; destatevi: quando ciò vi propinano, vi stanno mentendo, ingannando, truffando”.
Evocando l’eidolon di A. Moeller Van den Bruck - pro e contro (Für und Wider) Spengler -, si analizza, concedendole anzitutto e conferendole apregiudiziale ricetto e adito, la 4TP di Aleksandr Dugin, con (Für) la quale e grazie alla quale il globalismo della postmodernità e l’assiologia del liberalismo capitalista e giusnaturalista della “fine della storia” di Fukuyama, daranno pienamente dispiegata ostensione del sé loro epifenomenico; contro (Wider) la quale e in alterità dalla quale, nondimeno, l’evocazione dell’antecedenza e l’escussione dell’ulteriorità rispetto a detto Orizzonte dell’Oggi su cui consentanei convergiamo, conferiranno presenza a un fondamento affatto DIA-ferente.
Esponente di rango della Konservative Revolution, l’opera di Othmar Spann, qui analizzata da Davide D'Intino, si inserisce nella ricerca primonovecentesca di un’alternativa ai due volti dell’economicismo moderno: il capitalismo liberale – decostruito dal pensatore viennese ripercorrendone diacronicamente la parabola e rintracciando, nel processo di emancipazione dell’economia dai vincoli morali-religiosi (comunemente nel Moderno classista e a-cetuale relegati a Überbau, concetto già implicitamente presente in Adam Smith ed epigoni, e solo in seguito sistematizzato in Zur Kritik der politischen Ökonomie), il trauma da cui venne innescata l’espansione inesausta dello spirito acquisitivo – e la reazione marxista, parimenti incapace portarsi-oltre questo medesimo orizzonte in cui la Struktur è posta a punto quale centro omni-gravitazionale.