Orizzonte Altro
Prospettiva Russia
Gennadij A. Zjuganov
Deržava
Mosca, 1994
Edizione italiana
Stato e Potenza
A cura di Marco Montanari
Edizioni all'insegna del Veltro, Milano 1999
Il valore del retaggio imperiale
La tripartizione del principio di sovranità immanente all'essenza della statualità russa (e indoeuropea):
  • Autocrazia [Nobiltà]
  • Ortodossia [Clero]
  • Principio nazionale [Popolo]

  • L’impero e la potenza dello stato – ci dicono – sono l’incarnazione dello strapotere degli alti burocrati, della censura opprimente e dell’assenza delle libertà elementari. Sono la violenza nei confronti dei sentimenti nazionali, il tradimento dell’individualità dell’uomo, lo stravolgimento delle norme della convivenza naturale fra gli uomini […] È una menzogna! L’impero è la forma di sviluppo dello stato russo storicamente e geopoliticamente obbligata.

    Secondo l’opinione dei più recenti esegeti della tesi “Mosca: la terza Roma”, il movimento storico da Roma a Mosca attraverso Bisanzio è stato contrassegnato dalla coerente formazione dei tre principi fondamentali della sovranità imperiale: l’unità romana del potere basata sul diritto, arricchita dall’unità morale e spirituale del cristianesimo bizantino e completata, infine, dall’unità popolare della Rus’ moscovita, la Russia. Ciò ha trovato anche espressione nella formula “Autocrazia. Ortodossia. Principio nazionale.”, proposta un secolo e mezzo fa dal ministro dell’Istruzione S.S. Uvarov. Autocrazia. Parlando chiaramente questo è il principio dell’edificazione dello stato, che si propone la completa sovranità e l’indipendenza politica, unitamente a consapevoli finalità di potenza. I grandi principi russi hanno iniziato a definirsi autocrati solo nel momento in cui la Russia si trasformava definitamente in un paese indipendente da influenze straniere. Nel corso di lunghi secoli l’autocrazia si è trasformata nell’unico principio capace di riunire un Paese caratterizzato da straordinarie diversità. Ortodossia. Ragionando astrattamente, qualunque forma politica o sociale trova stabilità, solidità, voglia di vivere e capacità di svilupparsi e di lottare per la propria esistenza soltanto nel momento in cui abbia compreso e si sia esaltata per una grande Idea, per un nobile Ideale. Per la Russia tale forza motrice si è rivelata la tendenza a includere nella propria esistenza gli ideali di giustizia e amore, di misericordia e compassione, di fede e di fedeltà. Sin dai tempi più antichi, ciò si è riflesso nel nome che il Paese di è dato: Santa Rus’[...]. La fede […] conferisce a esso [al popolo] un’inestinguibile solidità interiore, la stabilità nella vita e l’energia per operare. In gran parte, proprio la secolare inerzia dei valori morali russi ha aiutato il nostro popolo a sopravvivere in mezzo alle incredibili sofferenze e alle inverosimili prove che gli sono piovute addosso nel corso degli ultimi cento anni [...]. Principio nazionale [...]. La Rivoluzione del 1917 è stata l'inevitabile risultato di un'enorme crisi che ha colpito a morte le basi della vita statale e della coscienza nazionale. L'autocrazia si era tramutata gradualmente ma inesorabilmente nel regime dell'alta burocrazia onnipotente e cosmopolita, che costituiva un muro inesorabile fra i vertici del potere e le masse popolari, fra le quali montò un sordo malcontento. Il principio nazionale, come principio fondamentale della solidarietà fra tutte le nazioni, venne a cadere sotto gli assalti delle smisurate ambizioni politiche dei leader di partito e delle élite nazionali regionali.

    Per secoli la Russia ha conservato e curato amorevolmente la propria unità ecumenica e collettiva come fosse la più sacra delle cose. Sino al XIX secolo la sua antica formula era racchiusa in un celebre slogan di tre parole: Autocrazia. Ortodossia. Principio Nazionale”. Nel XX secolo, la Russia, pur essendo passata attraverso l’ordalia della guerra civile e delle repressioni, del soffocamento ideologico e del genocidio spirituale che la hanno infine condotta, improvvisamente e implacabilmente, alla “democrazia”, estranea al quadro della sua essenza politica e sociale, ha finalmente trovato in sé la forza di ritornare agli antichi valori.

    Il progetto del Nuovo Ordine Mondiale

    Dopo la seconda guerra mondiale, la rivoluzione tecnico-scientifica ha condotto l’umanità a un livello di sviluppo della tecnologia tale da consentire un controllo globale e minuzioso sulla sua evoluzione. Le attuali possibilità dei sistemi di informazione e di controllo sono sufficienti ad assicurare un coordinamento efficace della crescita della civilizzazione mondiale secondo tutti i principali parametri: da quello ideologico e politico a quello economico, demografico ed ecologico. Non c’è nulla di strano che ciò abbia provocato una forte attivazione di forze transnazionali e cosmopolite, intenzionate a mettere a frutto queste potenzialità nella concreta forma geopolitica di un superstato mondiale. Una simile sovrastruttura, secondo l’opinione dei suoi elaboratori, dovrebbe gradualmente inghiottire gli stati sovrani nazionali. Dapprima, nei grandi stati, verrebbero stimolati processi atti a frantumare le strutture statuali unitari in piccoli bocconi da “digerire” più facilmente. Poi tutti i Paesi, perduta la loro indipendenza, verrebbero racchiusi nella sfera di una comune autorità politica con il ruolo di elementi periferici e come una sorta di ripetitori dell’influenza e degli ordini che partono da un unico centro di controllo […]. La direzione dell’umanità da parte di un unico centro non sarebbe possibile senza un’estrema unificazione e standardizzazione di questo processo. Lo sforzo per consentire la massima efficacia in questo campo, porterà senz’altro alla decisione di ridurre al minimo le particolarità locali in campo amministrativo. Tradotto in parole povere ciò significa che sono minacciate di un annientamento totale le particolarità nazionali e culturali dei popoli, le loro peculiarità spirituali, storiche e religiose. Conseguentemente verranno prese misure, come già si sta facendo in Russia, per imporre indiscriminatamente a tutti i “comuni valori umani”. In campo religioso, ad esempio, questa azione è collegata in prospettiva al movimento ecumenico, in campo culturale alla sua sfrenata mercificazione.

    [...] NEL MONDO È INIZIATA LA REALIZZAZIONE DEL PIANO ALLESTITO PER L’ISTAURAZIONE DEL “NUOVO ORDINE MONDIALE”. In pratica, ciò significa che le forze mondiali si sono accinte ad azioni decisive, dietro le quinte, volte alla formazione di un rigido sistema centralizzato di amministrazione coercitiva dello sviluppo della civiltà umana. Lo stesso termine – “nuovo ordine mondiale” (NOM) – non è comparso oggi, ed è stato scopertamente introdotto nella coscienza dell’opinione pubblica la prima volta subito dopo la guerra del Golfo Persico, che ha mostrato a tutto il mondo che, da quel momento in poi, l’URSS era divenuto uno “young partner” degli Stati Uniti in tutte le questioni strategiche della politica internazionale. Il massacro dell’Iraq ha caratterizzato in modo evidente la fine del tradizionale mondo bipolare, costituito sull’equilibrio delle due superpotenze, ed ha marcato l’inizio di una nuova era della politica mondiale.

    Al giorno d’oggi, c’è una sola forza in grado di influire in modo decisivo su questa lotta, attuando sul piano politico-militare un complesso di misure dirette all’instaurazione del “nuovo ordine mondiale: le sue strutture di base sono le organizzazioni internazionali sovraordinate rispetto agli stati, in primo luogo l’ONU con tutte le sue agenzie e filiali periferiche. Scopo finale di tale élite cosmopolita, che rappresenta il nucleo organizzativo del “nuovo ordine mondiale”, è la creazione di un’unica rete amministrativa globale nel quadro di un inedito super-stato mondiale, diretto da un unico centro e dotato di priorità giuridica rispetto alla legislazione “locale”. “Oggi il discorso non riguarda soltanto il mantenimento della pace tra gli stati – scrive in uno dei suoi articoli il segretario generale dell’Onu Boutros Ghali -. È necessario trovare i mezzi di regolamentazione dei dissidi che separano i popoli all’interno degli stati stessi”. In tal modo, l’intervento negli affari interni di stati sovrani assume una base giuridica internazionale e un carattere di priorità. “Questi nuovi compiti mutano in modo radicale il significato che la comunità internazionale, sino a tempi recenti, ha assegnato al mantenimento della pace – prosegue il capo dell’ONU -. È ammissibile che un qualche stato, coprendosi con la propria sovranità, calpesti sul proprio territorio i principi democratici ed i diritti dell’uomo? … È possibile, come nel passato, riconoscere come stati quei territori in cui difetti la continuità politica? … Da ciò consegue, dal mio punto di vista, che l’intervento ai fini della correzione delle carenze presenti negli stati non democratici sia un dovere morale dell’organizzazione internazionale”.

    Il Destino russo di fronte al progetto del NOM:
    Annullamento storico identitario aut lotta esistenziale

    Che cosa ci riserva il domani? In linea di principio ci sono due possibili varianti di comportamento nelle condizioni date. La prima è di accettare le regole del gioco che ci vengono imposte, e lottare per l’incremento della nostra “quota” vitale nel quadro dello schema mondialista di sviluppo globale. Ciò comporta il rassegnarsi all’idea di una futura perdita di sovranità politica ed economica, accompagnata dalla distruzione irreversibile della millenaria spiritualità e cultura russa, da una scandalosa ingiustizia sociale e dalla trasformazione del Paese nel campo di battaglia più avanzato del “nuovo ordine mondiale”. In cambio avremmo la possibilità di una sopravvivenza biologica per la maggior parte della popolazione, un’esistenza tollerabile per un’insignificante minoranza “qualificata”, ed un lusso di “livello mondiale” per la borghesia compradora, che assumerà il ruolo di sorvegliante nei confronti dei propri concittadini. La seconda variante prevede che la Russia accetti la sfida davanti a cui si trova oggi il nostro popolo, senza soggiacere all’asservimento avanzante ma sforzandosi di riguadagnare il precedente ruolo di potenza: un ruolo […] di opposizione alla monopolizzazione della geopolitica. Per far ciò bisogna senza alcun dubbio ristabilire la continuità storica del sistema statale russo e dello spirito patriottico. Bisogna dunque capire bene che l’attuale Federazione Russa non rappresenta l’intera Russia, ma un tronco con i moncherini squarciati e sanguinanti. Senza la rinascita dell’Unione, sulle nuove basi di una libera e volontaria scelta dei popoli, non vi potrà essere la riunificazione del popolo russo ora diviso, ed il nostro stato non potrà rialzare la testa. Non inganniamoci: è un compito difficile. Richiederà la mobilitazione di tutte le forze sane della società del momento che una sfida simile a quella che si para oggi di fronte alla Russia, per la sua importanza e portata, rappresentata da scenari di una tragicità senza precedenti, non è meno pericolosa di tutte le incursioni che la nostra Patria martire ha subito nel corso della sua storia messe insieme. Si tratta, in sostanza, della vita o della morte dello stato. Ecco perché l’obiettivo di una lotta di liberazione nazionale è oggi in primo piano. Qualsiasi differenza ideologica svanisce di fronte a ciò.

    Sulla base delle nostre informazioni, analizzeremo alcuni degli scenari previsti per l’integrazione della Russia nel processo di edificazione del “nuovo ordine mondiale”. Nel primo di questi scenari è prevista una crescente attrazione della Russia nell’orbita della politica occidentale, mediante la sua trasformazione in fonte di materie prime e di potenziale intellettuale, cosa che permetterà agli americani di costruirsi una posizione concorrenziale irraggiungibile per i Paesi che stanno rapidamente acquistando peso, come la Germania, il Giappone, la Cina. Si progetta pertanto di insediare nel Paese un regime cosmopolita che esprima gli interessi del capitale mondiale e della borghesia compradora locale. In una fase successiva, utilizzando anche il potenziale militare e scientifico della Russia, si pensa di farle acquistare lo status di alleato minore, di gendarme che garantisca l’avanzata del “nuovo ordine mondiale”. Secondo punto: nel caso di un esito fallimentare del processo di “democratizzazione” della Russia, e di vittoria delle cosiddette “forze conservatrici”, verranno scatenati conflitti militari con il coinvolgimento della Russia sul territorio dell’ex URSS, lungo l’intero perimetro del confine russo che attraversa le varie parti dell’Unione [...] Occorre rendersi pienamente conto del fatto che, in linea di principio, gli esiti potenziali dell’attuale situazione sono due. In pratica ci troviamo di fronte a una dura alternativa: sottometterci al diktat straniero e perdere la Patria, l’onore, la coscienza, tradire il nostro popolo, i nostri ideali e le nostre sacre tradizioni, quelle dei nostri gloriosi antenati, costruttori di un potente stato, oppure “prendere le armi contro un mare di problemi”, come diceva il principe Amleto, cosa che in concreto significa stringere i denti, raccogliere le forze e, come già successo nella nostra storia, ripartire dai resti della gloria militare e ricostruire una Russia nuova, grande e indipendente.

    Pur con sfumature e risvolti politici diversi, ci troviamo di fronte a due concezioni divergenti sull’avvenire della Russia, due modelli significativamente distinti nel modo di essere dei Russi […]. Il primo modello può essere definito come cosmopolita e senzapatria. Sulla base dei suoi presupposti, il mondo si sta inevitabilmente dirigendo verso una rigida unificazione politica, ideologica, economica e dell’informazione, nel quadro del “nuovo ordine mondiale”. Tale processo è salutare determinato dal cammino della storia mondiale. Ragion per cui tutti gli sforzi di integrazione che contribuiscono al “radicamento” della Russia nella “comunità internazionale unita”, devono essere salutati con favore. Per di più devono essere stimolati in tutti i modi a livello di politiche statuali. Lungo questo cammino, le crisi sociali ed i cataclismi sono il naturale ed inevitabile prezzo da pagare per accedere alla strada maestra della “civilizzazione mondiale”. Naturalmente lo scopo finale di tale processo di integrazione è il massimo benessere materiale della parte “attiva e operosa” della popolazione. Le sue principali forze trainanti sono il capitale finanziario internazionale e le strutture politiche, che arricchiscono in poco tempo lo strato degli alti funzionari dell’amministrazione e dei commercianti della stessa Russia […]. Il secondo modello dello sviluppo russo si accorda maggiormente alla definizione di “nazionale” e “tradizionale”, ossi all’originalità storica. Esso dice che il processo globale di unificazione geopolitica dei popoli e degli stati è privo di prospettive nelle proprie basi, e conduce al tentativo di stabilire in una forma o nell’altra, una dittatura mondiale della minoranza “sviluppata” sulla maggioranza “arretrata”. In conclusione, tale processo sarebbe il prologo di un asperrimo cataclisma sociale che, per la sua forza distruttiva, potrebbe essere paragonabile solo ad una guerra mondiale e che, inevitabilmente, spazzerebbe via dalla scena politica internazionale gli architetti del “nuovo ordine mondiale” […]. La Russia, per non essere inghiottita dal fatale vortice del “nuovo ordine mondiale”, deve restaurare la lacerata continuità storica del proprio sviluppo, sforzarsi di arricchire lo spirito patriottico e di recuperare le vere basi del proprio modo di essere morale-religioso e socio-politico. Tale modello non ha nulla a che fare né con la xenofobia, né con il nazionalismo aggressivo, e neppure con un illimitato autocompiacimento, come spesso si dice. Secondo noi è la constatazione di un fatto evidente, ossia che la perdita dell’originalità nazionale e statale porta il Paese alla perdita della sovranità ed il popolo a un completo disfacimento morale, alla dissoluzione e al degrado della cultura e dell’autocoscienza della nazione.

    La posizione della Russia nel Mondo

  • Il tramonto della globalizzazione statunitense
  • L'unione delle 3 famiglie del popolo russo
  • La cause reali della guerra in Ucraina
  • La concezione dello stato incarnata dalla potenza russa ha sempre costituito una garanzia dell’equilibrio internazionale. Questo è confermato in modo lampante dalla storia plurisecolare di innumerevoli popoli che si sono volontariamente uniti ai Russi, dai Moldavi ai Georgiani, dai Kirghisi ai Turkmeni. Avendo già al proprio interno un mosaico di popoli completo e multiforme, la Russia ha deciso di preservare premurosamente questa ricchezza, tenendo giustamente ad armonizzare il tal modo anche il mondo esterno […]. Qual è il risultato della “perestrojka” e della demolizione dell’Unione?

    E questo è solo l’inizio. Il crollo dell’impalcatura statale dell’Unione è risuonato in tutto il mondo con un’eco minacciosa. La pericolosa crisi nella zona del Golfo Persico, la guerra civile in Jugoslavia, il caos dell’Afganistan, l’intervento in Somalia, le pretese espansionistiche della NATO e dei suoi membri più importanti, la graduale trasformazione dell’ONU e della altre organizzazioni internazionali in strumenti della politica imperiale dell’Occidente, un grave pregiudizio degli interessi dei Paesi in via di sviluppo del “terzo mondo”: ecco l’elenco certamente incompleto delle sue conseguenze […]. Contemporaneamente il ruolo degli Stati Uniti che aspirano apertamente all’egemonia mondiale, è cresciuto decisamente. Ex territori dell’URSS sono stati dichiarati zona di interesse vitale degli Stati Uniti (il Prebaltico) […]. Washington approfondisce cinicamente la frattura tra la Russia e l’Ucraina, detta alla Russia le condizioni a cui devono sottostare le sue forniture di alta tecnologia a terzi, impone a mosca rovinosi trattati sul disarmo, sobilla la scalmanata russofobia dei “nazional-radicali” delle periferie.

    LA POLITICA ESTERA DELLA RUSSIA NELLO SPAZIO DELL’EX UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOCIALISTE SOVIETICHE dev’essere orientata al ristabilimento di un unico stato, di un’unione rinnovata di popoli fratelli, aperta all’associazione volontaria di tutti i Paesi che desiderano vivere pacificamente in questa casa comune.

    Vorrei sottolineare, a questo riguardo, che è nostro profonda convinzione che il mantenimento dell’attuale situazione di un mondo “unipolare” (americano), sul lungo periodo, sia da ritenere poco probabile. Il vuoto che si è venuto a creare nell’arena politica internazionale come risultato del crollo dell’URSS, verrà inevitabilmente colmano persino nel caso in cui la Russia non dovesse riuscire, ancora per un certo periodo di tempo, a ristabilire il proprio status di grande potenza. Infatti, il peso politico ed economico di uno stato gigantesco come la Cina diviene sempre maggiore, ed inoltre esso non manifesta la tendenza a svilupparsi secondo le direttive americane. Anche il potenziale strategico dell’India è rilevante, e con gli anni tenderà a manifestarsi sempre più. Certamente anche la Russia – e noi ne siamo pienamente convinti – ritroverà prima o poi le reali dimensioni della propria potenza, e la sua voce risuonerà nuovamente autorevole nella comunità mondiale. Cosicché il puntare sulla conservazione a lunga scadenza di un’ipoteca occidentale – ed in particolare americana – sugli affari mondiali è evidentemente velleitario. E quanto prima lo capiranno le cancellerie occidentali, tanto migliore sarà il clima politico sul nostro pianeta. La politica di intervento nei nostri affari interni attuata dall’Occidente senza tante cerimonie, politica di effettiva umiliazione nazionale della Russia, non può non provocare la decisa protesta dei Russi onesti. Si crea l’impressione che l’attuale linea delle potenze occidentali  sia diretta a impedire la ricostruzione di una Russia forte e indipendente, a prescindere dalla direzione del suo sviluppo politico e socio-economico. Gli artefici della politica occidentale devono rendersi conto di quanto siano pericolosi – non solo sul piano regionale ma anche sul piano globale – i tentativi di ignorare ed offendere i profondi interessi nazionali di una potenza come la Russia e, tanto più, dei rischi connessi ad azioni dirette al suo smembramento.

    Il <<nostro>> Paese VS <<questo>> Paese

  • La dialettica politica russa novecentesca: l’opposizione tra il cosmopolitismo marxista-rivoluzionario e l’Amor patriae in continuità con la Tradizione ante 1917
  • Critica del Trockismo, della Perestrojka e della loro filogenesi antinazionalistica e statoclasta
  • Ora, all’orizzonte della Russia, si profila uno scontro fra due partiti: “questo Paese” e “il nostro Paese”. Non dobbiamo illuderci né esitare: il nostro futuro è ancora nelle nostre mani [...]. La crisi complessiva che investe il Paese può essere descritta con un’unica definizione generale: crisi dell’idea stessa di stato […]. Di fatti, nel corso del periodo sovietico, in URSS non c’era un partito, ma due partiti, e fra di loro era in corso una lotta tenace che non si è mai attenuata, neppure per un attimo […]. Il primo partito può essere convenzionalmente definito il partito del “nostro Paese”. […] In questo partito sono entrati migliaia di combattenti dei fronti della Grande Guerra Patriottica, e milioni di lavoratori patrioti che, con il loro eroico lavoro, hanno trasformato un Paese in rovina in una grandissima potenza mondiale. Per tutti loro l’URSS, come erede storica della Russia, rappresentava la Patria, che amavano e sentivano vicina: in una parola, il nostro Paese. Noi ci consideriamo incondizionatamente eredi di questo partito. Noi proseguiremo le sue tradizioni. Ma c’era anche un altro partito in Unione Sovietica: il partito di “questo Paese”. Numericamente non reggeva il confronto con il primo, ma il suo peso politico e la sua influenza nelle sfere più alte del potere erano enormi, al di là di ogni proporzione e, cosa ancor peggiore, risultavano spesso decisive. Ad esso appartenevano quelli per i quali “questo Paese” e “questa gente” erano solo un’arena per realizzare le proprie ambizioni e vanità smisurate e per intrighi di potere, un vero e proprio poligono per esperimenti sociali avventati. Questo era il partito di Trockij e di Kaganovič, di Berijia e di Mechlis, di Gorbačëv e di El’cin […]. Il loro legittimo erede si chiama “Russia democratica”. Con questo partito noi non desideriamo avere nulla in comune. Rinunciamo totalmente e senza incertezze alla sua lurida eredità, definitivamente e senza possibilità di ripensamenti.

    Le forze della disintegrazione nichilista

    Lo stato si è dissolto perché si sono dimenticate le plurisecolari e profonde radici che sono state il fondamento dell’unità statale, culturale e religiosa di tutto il popolo. Per molti anni, coscientemente e in modo pianificato, sono stati distrutti gli istituti che conservavano e coltivavano la coscienza di queste basi culturali. La famiglia e la scuola, la chiesa e l’armata sono state sottoposte gradualmente, ma con perseveranza ed abilità, a questa azione di decomposizione. Risultato: nel momento decisivo, alla società non è bastata la forza interiore, e slogan menzogneri hanno attratto le masse, prove di anticorpi ideologici. In tali condizioni, la dissoluzione dello stato ha assunto inevitabilmente un carattere disastroso [...]. La storia dell’umanità, dall’antichità sino ai nostri giorni, si sviluppa come una storia di stirpi e di popoli. Ignorare le particolarità nazionali è altrettanto assurdo, diciamo, del non notare le differenze di età o di sesso. Nell’ambito delle idee nazionali, nel corso dei millenni, si è sviluppata ed è fiorita tutta la ricchissima multiformità delle culture mondiali, dall’antico Egitto sino al Giappone contemporaneo. Ma ci sono forze che tentano di distruggere questa multiformità e di spingere tutti nel campo di concentramento intellettual-esistenziale massificato di cui sono guardiane.

    Senza passato non vi è futuro. La memoria storica del popolo è il segno della sua vitalità, e la garanzia della sua sicurezza spirituale e della sua straordinaria immunità alle contaminazioni nocive di dottrine distruttrici e di sentimenti di rivolta.

    L'evoluzione del Partito Comunista Russo verso posizioni nazional-patriottiche:
    La Rivoluzione Conservetrice del XXI° secolo in Russia, secondo Zjuganov

    In linea di principio, è logico proporre che un’ulteriore evoluzione del movimento comunista russo possa avvenire sul versante della formazione di un ampio-fronte popolar-patriottico, che dovrà essere caratterizzato prima di tutto da un’ideologia “neo-populista” fondata sulla difesa degli interessi delle masse lavoratrici, dei contadini, degli impiegati, dell’intelligencjia, degli imprenditori di orientamento nazional-patriottico, di tutti coloro che sono sinceramente orientati ai principi e alle norme dell’equità sociale. Ecco che cos’è il “populismo”. Esso è oggi la più breve parola d’ordine operaia del patriottismo russo di “sinistra”.