Orizzonte Altro
Diurnalia

L'ordinarsi nell'effimero dell'apparire del Mondo

I russi entrano a Pokrovsk, e i nostri media parlano di musica…
22 luglio 2025
Per la prima volta dall’inizio di quella che i russi chiamano “operazione militare speciale” – e ciò non già per giocare con le parole e frodare le masse, come i vari riarmi europei rinominati “prontezza”, ipocrisie semantiche atte a eludere il cittadino e quel poco di coscienza critica che ancora gli resta, bensì per definirne lo status, anche giuridico, e dunque i limiti –, l’esercito entra nell’ultima roccaforte “logistica” di tutto il Donetsk, la più importante.

La cittadina-fortezza faceva parte della cosiddetta seconda linea e costituiva, con Vuhledar e Kurachove, un hub strategico multipunto per rifornire ciò che un tempo era la prima linea di contatto dei due eserciti. Caduta Pokrovsk, sostanzialmente la via per la riconquista completa – o la completa perdita – del Donetsk è aperta (ma anche di Zaporizhzhia, che potrebbe essere raggiunta anche da Est, oltre che dalla direzione meridionale di Melitopol).

Ad oggi, la cittadina è tagliata fuori dall’Est, dal Sud e dall’Ovest. I russi ne controllano “fisicamente” le vie di accesso. Rimane una strada a Nord, presso la cittadina di Rodynske, che l’esercito russo sta cercando di conquistare, stazionandovi a pochi km e controllandone nondimeno già gli accessi con l’artiglieria e i droni fpv.

Probabilmente a breve i maggiorenti dell’esercito e della politica ucraina dovranno – ancora una volta – decidere se abbandonare la città o i poveracci che la difendono, morituri che, quando accerchiati completamente, potranno solo decidere se arrendersi o venire uccisi. Stante la penuria umana del loro esercito (perché sulla lora morale abbiamo visto sia impossibile confidare), ritengo che questa volta si ritireranno più a Nord, probabilmente nell’agglomerato Sloviansk-Kramatorsk, l’ultimo dell’Oblast conteso. Ritengo e auspico.

Bene, quando cadrà Pokrovsk, inizierà la solita solfa del mainstream occidentale, rivolta a sminuirne l’importanza, come per Mariupol, Bakhmut, Avdiivka, Vuhledar etc…

Ma intanto silenzio assoluto… perché? Anzitutto perché non lo sanno: la stragrande maggioranza dei giornalisti italiani lavora sui copia e incolla delle pubblicazioni anglosassoni, a propria volta imbeccate dagli uffici ucraini (questi imbeccati, in una catena alimentare delle menzogna e della finzione, dagli sceneggiatori e dai guru del marketing e della comunicazione yankee, stipendiati da BlackRock et similia… gli squali al vertice della piramide).

In seconda istanza perché, quando accade un evento geopolitico importante e anzitutto riguardante un “topic” attenzionato, la stampa della colonia aspetta…., aspetta che l’Impero elabori la strategia comunicativa, e poi vi si accoda, come le pecore al pastore.

Ma di qualcosa pur debbono parlare… e, se per fortuna non vi sono omicidi, annegamenti o gattini smarriti, ecco la guerra feroce contro i direttori di orchestra (e chissà se Gergiev la mano a Putin l’avrà mai pubblicamente stretta, come si rifiutò di fare Furtwängler con Hitler, nondimeno processato dagli occupanti-liberatori yankee alla fine guerra, gli stessi che profanarono il templio wagneriano di Bayreuth…), nonché contro i pianisti che, seppur ucraini, hanno osato suonare nelle terre occupate dal nemico.

E ora mettiamoci comodi e attendiamo cosa si inventerà la caleidoscopica poíesis di Di Feo… quello, tra le altre e numerose “perle”, dei clocharde russi che assaltano ubriachi sulle moto scassate la linea ucraina… ovviamente armati di dita, senza calzini e con in tasca i chip rubati ai tiralatte delle puerpere ucraine…