Orizzonte Altro
Diurnalia

L'ordinarsi nell'effimero dell'apparire del Mondo

La propaganda neo-proustiana di Marta Serafini sul Corriere
23 luglio 2025
Grazie al contro-canto odierno di Visione TV - Oltre i TG (divertente, lo consigliamo), veniamo a conoscenza del pezzo dal sapore elegiaco e vagamente proustiano di Marta Serafini, sul Corriere della Sera di oggi.

Proviamone anche noi una sorta di contro-lettura (tra virgolette a caporale la prosa della novella “ricercatrice del tempo perduto”).

Ecco l’incipit degno della migliore sehnsucht del purgatorio dantesco (“Era già l’ora che volge il disio / ai navicanti e ‘ntenerisce il core / lo dì c’han detto ai dolci amici addio; // e che lo novo peregrin d’amore / punge, se ode squilla di lontano /che paia il giorno pianger che si more”):

<< "Te lo ricordi il parchetto dove avevano messo gli ombrelli colorati per fare le foto da postare su Instagram? E la stazione con le panchine sotto gli alberi dove stavamo seduti al fresco? E le babushke che vendevano i fiori, in piazza, vicino al ristorante Corleone?". Non c’è più da un anno Pokrovsk. La città hub degli aiuti umanitari e militari, porta del Donbass, che lo zar anela per sfondare verso Dnipropetrovsk, è campo di battaglia da undici mesi. Assediata, bombardata fino allo sfinimento, infiltrata, violentata, sventrata. Come Bakhmut, come Avdiivka, ora anche Pokrovsk conta le sue ultime ore. E respira sempre più piano >>

Da notare il particolare retorico prosopopeico, la Città che diviene Donna, come la Repubblica nelle orazioni di Cicerone, per così poter essere essere violentata dai barbari invasori…

Poi il virgolettato del povero comandante ucraino che vorrebbe tanto tornare a giocare con la propria bambina… (mentre i comandanti russi notoriamente i propri figli se li mangiano, come Urano e Kronos…)

«Vorrei andarmene a vivere la mia vita in pace, da mia figlia. E invece devo stare qui a combattere. So che a un certo punto arriverà l’ordine di ritirarci per non perdere altre vite». È stanco Vadym, comandante della 25esima brigata d’assalto. Meno di trent’anni, continua ad addestrare uomini che manda sulla linea zero. Tanti non torneranno. Tanti non sono tornati. «Noi però abbiamo rispetto della vita umana. Dentro la città ormai sono rimasti praticamente solo collaborazionisti dei russi. Vestono abiti civili, stanno nascosti nelle cantine e hanno cibo e acqua, non li uccidiamo anche se ci converrebbe. Invece i loro comandanti sparano ai militari feriti, come se fossero animali».

Vorremmo ricordargli che il governo che non riprende neppure i cadaveri dei soldati negli scambi per non pagar ai loro parenti prossimi indennità e pensione, non è quello russo, né quello russo l’esercito che spara ai disertori e abbandona i feriti sul campo allorquando si ritira.

E coloro che qui vengono definiti “collaborazionisti” sono semplicemente gli abitanti autoctoni, russofoni e russofili, poveracci che guarda un po’ preferiscono attendere l’arrivo dei russi, per loro liberatori, piuttosto che scappare a Ovest, verso un regime neonazista che li perseguita da 10 anni e da 2 li cattura per strada, per mandarli a morire nel combattere contro coloro che tentano di proteggerli e liberarli…

Poi riparte il lirismo…

<< In una radura, in mezzo ai campi di lavanda, ruggisce un T-80 di fabbricazione sovietica, riammodernato. «La Bestia» prova manovre di attacco, si muove a scatti e devasta i fiori al suo passaggio. Nell’abitacolo non c’è spazio nemmeno per respirare, figurarsi per sognare la fine della guerra >>.

È un attimo far finire la guerra…

Ed ecco la ripresa del refrain che ormai da anni ci spacciano a reti e rotative unificate, e che altro non è se non lo scopo stesso per cui questi articoli vengono scritti e diffusi: “frugatevi, europei, e date ancora più armi – statunitensi (prodotte cioè da industrie i cui principali investitori sono i vari BlackRock e VanguardGroup... i mecenati del lirismo qui elegiaco...) – per difendere la democrazia e la libertà… Oltre alla solita autoreferenziale dichiarazione indiretta di superiorità tecnico-militare occidentale (i carri sovietici fanno schifo mentre quelli americani sono da fine del mondo…)

<< Igor di Borodjanka prepara il colpo. "Armata", urla. Poi il proiettile parte a un centimetro dalla sua faccia di ragazzino mentre la temperatura nella cabina si fa rovente. Sulla testa ha il casco dei guidatori di tank che usavano i suoi nonni all’epoca sovietica. "Avessimo più carri americani sai i russi come la prendevano Pokrovsk? Col binocolo">>.

Vorremmo rammentare – non già a “Igor”, a cui va la nostra solidarietà, perché lui è nel giusto, nel difendere la sua patria – ma a coloro che lo sfruttano e mandano a morte per i propri interessi economici… che dei meravigliosi carri occidentali sono piene sia le steppe ucraine e del Kursk, sia i musei in Russia…

Glissando la parte “ispirazionale” … la storiella del rabbino coi dolci… e dei droni russi che mangiano i bambini ovvero assaltano i supermercati, ma proprio << quelle in cui si va a fare la spesa con i bambini >>, non quelli sicché dove vanno gli anziani, ma solamente quelli fatti apposta per i bambini… pieni zeppi a ogn'ora proprio come gli asili russi bombardati dagli ucraini che per il giornale della Serafini di qualche giorno fa sono divenuti asili ucraini bombardati dai russi… (senza citare il fatto che a Gaza non ci sono più né asili né supermercati, per cui sparano - con le stesse armi americane qui invocate come ultrici e soteriche... - direttamente ai bambini morenti di fame… probabilmente per compassione, come fossero animali con malattie terminali, per non farli soffrire…); concludiamo, per non incorrere nel copyright (poiché per leggere queste perle in prosa occorre pure pagare…), con il distico elegiaco finale:

<< Ripieghiamo verso la retrovia. Ora il centro logistico dell’Est è Pavhlograd, cittadina mineraria sulle cui spalle pesa il ruolo di bastione della regione di Dnipropetrovsk. Un compito ingrato quello dell’alfiere che difende la regina. La più ricca, il centro finanziario del Paese, quella che se dovesse cadere si porterebbe dietro tutto. Lungo la strada, decine di trincee sempre più profonde. E il filo spinato si intreccia ai girasoli gialli di questa quarta estate di guerra >>.

Secondo Heidegger, “ormai solo un Dio ci può salvare”: evidentemente secondo la Serafini ormai solo la poesia (e la propaganda) può salvare la povera Ucraina.

In verità, l’Ucraina (e i vari Igor, a cui auguriamo di poter tornare presto sano e salvo a giocare con la propria bimba) la possiamo salvare tutti noi, e non con la poesia (né tanto meno con la propaganda da "libro Cuore"), bensì con la logica, de-strutturando la narrazione dei pifferai atlantisti che hanno spinto quella povera nazione al suicidio collettivo solo per “smembrare il competitor russo” (così da non dover combattere su due fronti – di cui uno potenzialmente nucleare – andando all’assalto della Cina, il competitor primo dei summenzionati BlackRock et similia, dal colpire prima che sia troppo tardi, ovvero prima che tramontino definitivamente i propri deliri egemonici di dominio globale e uniformazione totale, nello spazio e, come andiamo dicendo da anni, financo nel tempo).