Orizzonte Altro
Diurnalia

L'ordinarsi nell'effimero dell'apparire del Mondo

La visione (impaludata) di Marta Serafini...
e il paradigma del “massacro denazificatore” di Kleban-Byc
30 settembre 2025
Da anni ormai, una – vuota e inane – parola echeggia, abbondando come il riso sulla bocca degli stolti, nel pubblico discorso “atlantista” ; una vuota parola, con tutto il proprio corredo sinonimico, viene riverberata dagli imbrattacarte mercenari:

< Stallo > ( < Impantanamento> ).

Eleviamo a paradigma – nella speranza di riuscire una volta per sempre a confutare tale vuotezza ecoica, falsa, ipocrita e propagandistica – i deliri odierni del Corriere (che senz’altro rimano con le farneticazioni “repubblicane” dei vari Di Feo & Co.), fantasticherie oppiacee che quest’oggi ci hanno rimandato, lungo i “sentieri interrotti” della pensiero che rammemora, all’enigmatico finale di C’era una volta in America.

Qui la visione integrale, per gli appassionati dei Caldei e dei loro oracoli.

La retorica dell’autrice principia il discorso mettendo innanzi al lettore tutta “l’autorevolezza” (sedicente e supposta, ma tanto fa…) degli esperti, intervallando il loro dire con una flebile “pars destruens”, giusto per lasciar intendere che siano giornalisti onesti, schietti e socraticamente votati all’euristica…

Inizia Yuval Noah Harari (coloro che si occupano di filosofia, come noi, lo avranno senz’altro sentito nominare: ecco, se, come filosofo non vale pressoché niente… [anzi, non è neppure un filosofo, bensì un narratore di storie e opinioni], figuriamoci quando possa valere come analista militare, praticamente se citavano Fiorello ero lo stesso), affermando, addirittura nell’editoriale del Financial Times: «Perché l’Ucraina sta vincendo la guerra».

Non conosco le pubbliche posizioni di Harari – se ve ne sono – circa il genocidio che il suo governo sta perpetrando, ma sarebbe semplice controaffermare come evidentemente per un israeliano, nel 2025, “vincere” significhi ammazzare tutti e anzitutto i civili, meglio se bambini, meglio se infanti…

Tralasciando la pars destruens di cui sopra, ovvero Zaluzhny che si limita a definire il più grande fallimento della storia militare, cioè a dire la follia dell’invasione di Kursk, come “un errore costato un numero eccessivo di vite umane ucraine” (ricordiamo solo, parenteticamente, che questo “eccesso” è stimato in 75mila vite, spezzate in 8 mesi, per qualche post social e qualche articolo entusiastico, magari della stessa Serafini, che già vedeva i carri tedeschi finalmente marciare sulla Piazza Rossa… [oddio, in realtà alla Piazza del Cremlino ci sono arrivati, ma quali trofei esposti dai vincitori], ovvero più di tutti i soldati yankee morti nella loro guerra di aggressione imperialista contro il popolo sovrano vietnamita, in 8 anni), passiamo al secondo esperto che dovrebbe far penetrare e sedimentare nelle menti degli sprovveduti lettori il concetto propagandistico che i padroni del Corriere vogliono inocularci da anni.

Tale generale australiano in pensione, Mick Ryan, afferma: se “a più di tre anni dall’invasione dell’Iraq nel 2003, gli Stati Uniti fossero riusciti a conquistare solo il 20 per cento del Paese, subendo nel frattempo un milione tra morti e feriti, nessuno si azzarderebbe a considerarla una vittoria”.

Soffermiamoci su questa proposizione, scomponendola:

  1. Intanto viene ammessa la quota del 20% (che poi ormai sarà anche il 25%,come si può vedere dalla carta di recente diffusa dal Ministero della Difesa russo, puntualmente rendicontante, Oblast per Oblast, tutte le avanzate russe nel primo semestre del 2025). Ecco, magari ricordiamolo al napoleoncino gerontofilo con vizietto che ancora qualche giorno fa straparlava del 3% o del 2%, o del valletto di corte Winsor che in TV sproloquiava mesi fa del 4% etc… Perché ormai gli esperti – o sedicenti tali – dell’Occidente sono al pressapochismo de “un tanto al kg, che faccio lascio”.
  1. I milioni di morti e feriti russi li vede codesto generale sdraiato insieme alla nostra Serafini nell’oppieria di Sergio Leone…. Le stime più attendibili dimostrano essere 1,7 mln gli ucraini mandati al macello, con una ratio di 1/10 rispetto ai russi, le cui perdite, pertanto, ammontano a circa 170 mila uomini, certamente troppi.
  1. Gli Usa hanno ucciso circa 2 milioni di persone, per lo più civili, in Iraq, i russi, in Ucraina, forse qualche centinaio, in 3 anni, per il semplice fatto che non realizzano bombardamenti a tappeto, come gli anglosassoni, bensì colpiscono chirurgicamente solo obiettivi militari (sono gli ucraini che usano i mezzi occidentali per terrorizzare i civili russi, sia dei territori un tempo ucraini, sei dei territori russi ante 2022, bombardando dove capita). Solo l’altra notte i russi hanno lanciato più di 700 oggetti sull’Ucraina, e gli stessi media occidentali parlano di 3 morti, probabilmente generati da quel poco di contraerea rimasta loro. Fate voi i conti… Per cui, se i russi avessero fatto come gli Usa in Iraq, cioè un genocidio (o come in Vietnam, del resto, dove di morti ne hanno lasciati 4 milioni, sul terreno), avrebbero vinto la guerra non in 3 anni, bensì in 3 minuti circa, nel tempo ossia che 200 Oreshnik impiegano per raggiungere e distruggere tutte le città ucraine, come fatto da gli Usa in Giappone, a guerra finita, con 2 bombe atomiche, codardi e vigliacchi. Una delle ragioni di ciò che voi definite < stallo > è precisamente questa: risparmiare i civili ucraini. Capiamo che per un anglosassone sia inconcepibile, ma così è. Per i russi, gli ucraini sono fratelli, e sanno che dovranno convivere con loro per millenni… perché, a differenza delle talassocrazie anglosassoni, quello russo è un impero di terra, e la Terra non si sposta come fa una nave pirata.
  1. Gli Usa, in Iraq, come del resto in Afganistan e in Vietnam, risulta abbiano perso, nella misura in cui dall’Iraq se ne sono andati – a 10 mila km di distanza – lasciando morti, macerie, caos e odio nei loro confronti. Per cui, a meno di non pensare che per gli Usa vincere significhi ammazzare tutti e poi andarsene… hanno perso. Bel modo di condurre le guerre: perderle ammazzando milioni di civili, un paradigma da esportare, come la vostra falsa e marcia democrazia.
  1. L’ansia del tempo è tutta nostra, occidentale. Lo scopo della Russia non è mai stato conquistare “terra e acqua”. Lo scopo – dichiarato, basta saper ascoltare… – è demolire la Nato sul territorio ucraino, demolirne l’impianto bellico, demolirne la capacità produttiva e “approvvigionativa”, logistica, demolirne, purtroppo, il capitale umano al loro servizio, cioè a dire i suddetti 1,7 mln di poveracci ucraini (e dei circa 200 mila mercenari caduti ad oggi) costretti a morire affinché i maggiorenti ucraini comprino ville e barche di lusso in Occidente, le corporations finanziarie anglosassoni si arricchiscano con le plusvalenze azionarie dei produttori di armi, parimenti arricchentisi, e affinché il “Nuovo Ordine Mondiale”, praticamente nato morto, abbia ancora qualche sussulto galvanico (come pars construens, qui usiamo noi Bacone, lo scopo russo è altresì rafforzare il loro esercito in termini di: più truppe – le hanno aumentate grazie ai 30k volontari su base mese; armi più sofisticate – grazie al testing sul campo; tecniche di battaglia migliorate – solo un ignorante e un fazioso non riconosce essere il fante russo oggi il migliore al mondo; apertura di nuovi mercati, rafforzamento di alleanze, posizionamento della Russia come – nuovamente – leader del mondo antagonista etc…).

Su quest’ultimo punto vorremmo concludere prendendo ad esempio quanto occorso recentemente nel fianco sud della grande città di Kostjiantinyvka, presso il bacino idrico artificiale Kleban-Byc, poiché paradigmatico di quanto sia stolto parlare di “impaludamento”, “stallo” e affini.

Tra il 22 e il 23 di agosto, l’esercito russo ha conquistato, nell’ordine, gli insediamenti di Katerynivka e dell’omonima Kleban-Byc, così chiudendo circa 1.000 sodati ucraini su 3 lati, col lato Nord bloccato appunto dal bacino idrico. I soldati lì bloccati – come Massenzio col Tevere alle spalle, a Ponte Milvio, nella guerra civile contro Costantino – appartenevano alla famigerata brigata Azov e alla brigata Lyut: entrambe “naziste” ideologiche (sostanzialmente le forze armate ucraine attuali sono divise fra raggruppamenti politicizzati e poveracci presi per strada a forza e alimentanti quelle che chiamano brigate di difesa territoriale: da quanto a noi par di comprendere, i russi cercano, per quanto possibile, di differenziare il trattamento riservato ai 2 macro-raggruppamenti, gli “ideologizzati” e i “costretti”).

Tre giorni fa, il 26 settembre, il Ministero della Difesa russo ha divulgato un comunicato che affermava essere, dei circa 1.000 soldati circondati, 80 quelli ancora in vita, per lo più in condizioni mediche gravi.

Bene, in un mese circa, l’esercito russo, in quella zona, non è avanzato di un metro. Era in stallo? Sì, se lo scopo fosse stato la Blitzkrieg. In questo caso, avrebbero semplicemente continuato ad avanzare lasciando lì, alle loro spalle, i militari intrappolati.

Invece, con un’algida meticolosità che rasenta la spietatezza, li hanno tenuti lì fermi e uccisi pressoché tutti, uno a uno, verosimilmente. Hanno impiegato un mese a farlo, non sono avanzati, in quel saliente e in quel periodo, di un solo km, eppure li hanno ammazzati tutti. Questo è quanto i russi intendono per de-nazificazione. A torto o a ragione, i russi sanno che, prima del 2022, c’erano in Ucraina forse 200, forse 400 mila “ideologizzati” disposti a combattere e morire, torturare e reprimere. Annichiliti questi – che sparano ai disertori al fronte e persino ai loro compagni che si arrendono, che rapiscono le persone per strada e riempiono le fila di una polizia politica molto simile alla celebre Gestapo – sanno che la stragrande maggioranza delle persone vuole vivere in pace, avendo rapporti di buon vicinato coi loro fratelli “oltre Dnepr”, come è giusto che sia.

Accanto a questo aspetto, più terribile, che possiamo definire “de-nazificazione de facto” (poiché la parte politica della denazificazione consiste nel far accettare all’Ucraina leggi non lesive delle libertà dei russofoni, di culto, espressione linguistica e manifestazione della propria cultura), si dà l’aspetto della “demilitarizzazione coatta” (la cui parte politica consiste nell’imporre all’Ucraina lo stato di neutralità, con forze armate numericamente ridotte, in uomini e mezzi), ovvero la distruzione sistematica degli armamenti del nemico e della sua capacità di produrli (solo ieri hanno demolito un’industria di droni ubicata nella zona di Kiev, di recente inaugurata e installata coi soldi nostri e il know how tedesco), in loco e da remoto, cioè demolire l’impianto bellico industriale dei 40 Paesi Nato (per esempio, dei 5 Samp/t che l’Italia aveva nel 2022, se va bene ne abbiamo ancora 2, dunque ci hanno distrutto già il 60% circa della nostra capacità difensiva antimissilistica, almeno con questo sistema d’arma, e senza essere entrati direttamente in guerra con noi… ).

Facendo tutto questo – contestualmente – avanzano, per inerzia.

E avanzano, perché la situazione al fronte è in continuo peggioramento, nonostante nelle oppierie del Corriere e di Repubblica (ma, verosimilmente, di tutti i principali media occidentali), si vaneggi di riconquista della Crimea e di valicare gli Urali con gli elefanti per alfine assediare Pechino.

Questo è il senso di ciò che voi chiamate impaludamento, cialtroni.